Linguine e Gambe Sensuali

Photo by Nicolee Drake

L’estate in Italia è un periodo particolarmente stressante per una donna, specialmente al Sud. A Roma fa un gran caldo a luglio e agosto, e i romani se ne vanno in montagna o al mare, lasciando i turisti a boccheggiare mentre marciano dal Colosseo a San Pietro. Chi è costretto a lavorare, soffre parecchio. A gran parte degli italiani non piace l’aria condizionata. La reputano innaturale, insalubre, una causa sicura di febbre e raffreddore. Così una donna deve passare l’estate vestita ai minimi termini. Gli short sono decisamente out, quasi quanto un cappuccino dopo pranzo, quindi restano minigonne e abitini con le bretelle.

Questo codice di abbigliamento provoca ogni genere di frustrazioni e umiliazioni. Io per esempio porto i sandali da maggio a settembre. Si trovano sandali belli e a buon mercato un po’ ovunque, e sono decisamente le calzature più adatte ai mesi caldi. Un’estate ero seduta in un bar con alcune colleghe. All’epoca, in ufficio avevamo una bella stagista con gambe chilometriche, capelli perfettamente scompigliati e una voce melodiosa. Era una giornata davvero caldissima. Perciò le chiesi come facesse a sopportare le scarpe chiuse. Lei mi spiegò che il suo ragazzo non tollerava la vista dei piedi femminili, a meno che non fossero perfetti.

Per la prima volta in tanti anni, mi guardai i piedi: erano screpolati e callosi, pieni di macchie rosse. Le mie unghie non erano curate e notai persino un pochino di sporco al lato dell’alluce.

Sviluppai una vera ossessione per i miei piedi. Poi cominciai a notare i piedi di tutte le donne italiane che portavano i sandali: perfetti. Perfettamente abbronzati e curati, senza callosità o pelle secca. Come facevano? Pedicure settimanale, naturalmente. Però io dico, come diamine fa una mamma lavoratrice con tre figli a trovare il tempo di farsi il pedicure ogni settimana? E dire che prima ero così contenta quando arrivava la stagione dei sandali, perché non dovevo più sprecare tempo al mattino a cercare i calzettoni… Addio spensieratezza!

Ma non ci sono solo i piedi ad angustiare la povera mamma italiana. C’è anche l’inevitabile problema dei peli superflui, l’ossessione delle donne italiane da aprile a ottobre. Fanno la ceretta dall’estetista, si depilano da sole, fanno trattamenti al laser fino a somigliare ai polli spennati sui banchi del supermercato. A ogni incontro fra donne in estate, la conversazione finisce per cadere sui peli superflui. Ricordo vividamente il giorno in cui ho portato i miei figli a una festa in campagna a un’ora da Roma. Mentre i figli si rotolavano sul prato, le mamme chiacchieravano attorno al tavolo da picnic. Poco dopo il mio arrivo, una bella mamma in prendisole nero e piedi perfettamente curati cominciò a parlare delle meraviglie della depilazione permanente al laser. Prima che capissi cosa stesse succedendo, si alzò in piedi e si alzò il vestito per mostrare la pancia piatta e glabra.

“Vedete? – disse – Ho chiesto al dottore di rimuovere con il laser tutti i peletti scuri che avevo tra l’ombelico e l’inguine. Ora la mia pancia è perfetta.”

Avvertii di colpo il peso di ogni singolo pelo sul mio corpo. Mi sentivo le sopracciglia come quelle di Krusciov, gambe e braccia sembravano quelle di un gorilla appena scappato dalla giungla. Non riuscivo più a prendere parte alla conversazione. Mi alzai. “Caterina – chiamai allegra – vieni, tesoro, andiamo a cambiare il pannolino.” Feci un passo verso la bambina.

Sentii come l’impulso di chinarmi, poggiare le nocche a terra e allontanarmi con l’andatura di un gorilla peloso.  Ma se io ero un gorilla peloso, qual era il nostro ideale? Gambe snelle e ben depilate, seno sodo e opulento? A me sembra più un tacchino che una donna.

Un’amica inglese si è trasferita a Roma all’inizio dell’estate ed è stata rimasta subito preda dall’ossessione dei peli superflui. Poco dopo il suo arrivo, quando ancora non parlava bene l’italiano, ha preso un appuntamento con una delle onnipresenti estetiste romane per fare la ceretta alle gambe. E’ arrivata e si è stesa sul lettino per la tortura. L’estetista ha cominciato a strappare peli dalle caviglie in su e quando è arrivata in cima ha chiesto: “Facciamo anche l’inguine?” La mia povera amica, supponendo che la conversazione fosse inevitabilmente deviata sulla pasta, ha risposto subito nel suo italiano ruvido: “Sì, certo, adoro le linguine.” Con suo grande disappunto, l’estetista le ha sollevato il vestito e ha cominciato a spostarle il bordo degli slip. “Cosa stai facendo?”, ha quasi gridato. “Preparo l’inguine per la cera”, ha risposto l’estetista.

Ogni estate, il grande dibattito sui peli varcava anche le soglie dell’ufficio di APTN. Francesca e io aspettavamo che i cameramen andassero a pranzo per lanciarsi a capofitto in una discussione sui vari modi di strapparsi i peli superflui. Un giorno Francesca ha detto che sua sorella aveva scoperto un aggeggio miracoloso. Una macchinetta elettrica per depilarsi da sole. Ha insistito perché lo provassi, ha portato in ufficio una busta di plastica e me l’ha consegnata con discrezione mentre nessuno guardava.

Quella sera ho aspettato che i bambini andassero a letto e Gustavo si sedesse alla sua scrivania in soggiorno. Sono sgusciata in bagno con quella macchinetta e ho letto le istruzioni tre volte. Poi l’ho accesa. Il rumore sembrava quello di un frullatore alla massima velocità. L’ho appoggiata delicatamente al polpaccio. DOLORE LANCINANTE. Sembrava che mi stesse recidendo la gamba. Ho pensato a Francesca e alla sua parola preferita: sofferenza. Dovevo soffrire. Mi sono torturata per un’ora intera, massacrandomi le gambe con quello spennatore automatico per polli.

Alla fine, con una gamba maciullata, ho marciato fino al soggiorno. Gustavo era sul tappeto circondato da fogli di carta. Mi sono avvicinata e gli ho messo la mia gamba maciullata davanti al naso. “Vedi la mia gamba?”, ho chiesto. “Non sta tanto bene”, ha risposto. “Non hai sentito tutto quel fracasso in bagno? Non eri preoccupato per me? Ho passato un’ora a strapparmi i peli con questo stupido aggeggio infernale che mi ha dato Francesca e a te non importa niente? Avrei potuto farmi male sul serio, ma a te non è passato in mente di venire a vedere se stavo bene!”

“Senti – ha detto lui – quando una donna va in bagno e chiude a chiave, noi uomini non vogliamo sapere cosa stia facendo lì dentro.” “Alla, cosa dovrei fare adesso? – ho chiesto fra il riso e le lacrime – Di sicuro non voglio maciullarmi l’altra gamba.” “Per favore, Treeeeeesha, non vedi che sto lavorando? Non m’importa di quello che fai con le tue gambe!”

Il giorno seguente sono andata al lavoro in pantaloni, ho restituito il tritacarne a Francesca e ho chiamato un’estetista per fare la ceretta. “Cosa vuole depilarsi?” ha chiesto la segretaria. “Trattamento completo – ho risposto – linguine, tortellini, spaghetti.” La segretaria non ha capito la mia battuta.

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