Mirtilli e uva, cacciatori e raccoglitori

Non c’è niente di meglio di una macchia di mirtilli per procacciarsi un po’ di solidarietà femminile. Mia madre mi ha cresciuta a forza di raccolte di mirtilli nel New England. Massachusetts, Maine, New Hampshire, Vermont. Se c’era una macchia di mirtilli, mia madre la scovava. Naturalmente ai pomeriggi trascorsi a raccogliere mirtilli, seguivano serate con torte purpuree ai mirtilli – succulente, dolcissime, appiccicaticce.

Ogni volta che poteva, mia madre passava le vacanze estive immersa in una macchia di mirtilli, chinandosi fra le piccole foglie per cogliere i succosi bocconcini blu. E’ un’attività estremamente appagante, la bacca si stacca facilmente dal ramo, cade nel cestino, la mano si allunga per prenderne un’altra, mentre il cestino diventa sempre più pesante.

Robert McCloskey ne ha fornito la descrizione migliore nel suo classico per l’infanzia “Bluberries for Sal”. Il piccolo Sal va a Blueberry Hill per raccogliere mirtilli con sua madre, anche Piccolo Orso va a Blueberry Hill con sua madre a raccogliere mirtilli, ma a un certo punto le cose si mescolano. Il libro è tutto incentrato sulla condivisione di questa esperienza con la propria mamma, anche se le mamme vengono scambiate.

L’aspetto più importante della raccolta di mirtilli è la conversazione tra donne – madri, figlie, sorelle, nipoti, zie e amiche – l’armonioso chiacchiericcio mentre si avanza lentamente fra i cespugli.

Mia madre ha sempre detto che la raccolta dei mirtilli è qualcosa di primordiale e istintivo, che risale sicuramente all’età della pietra. Dice che gli uomini cacciavano e le donne raccoglievano. Trascorrere ore a raccogliere bacche chiacchierando, dava grande soddisfazione alle donne, gli uomini invece si annoiavano, volevano l’azione. Niente ciance fra i cespugli, loro preferivano andare a uccidere qualcosa per cena.

Quest’estate, mia sorella e io siamo riuscite ad affrontare ogni genere di argomenti complicati – difficoltà con i figli, tensioni sul lavoro, crisi coniugali, questioni economiche, la salute dei genitori, obiettivi e sogni, tutto in mezzo a una macchia di mirtilli a Bridgton, nel Maine. Quella sera abbiamo preparato una torta spettacolare, piena zeppa dei frutti che avevamo raccolto.

All’alba del giorno seguente, mia sorella Gwen è uscita a raccoglierne altri per i pancake. Ma appena si è incamminata, è quasi inciampata in un grosso istrice. (Porca miseria! direbbe un italiano. vedi i post e i commenti sulle Esclamazioni in italiano). Mio padre – che non ha mai amato raccogliere mirtilli – è balzato in modalità cacciatore, ha intrappolato l’istrice nel secchio della spazzatura, è salito in macchina ed è andato a liberarlo nel profondo del bosco. Però secondo me l’istrice si è lasciato dietro una scia modello Hansel e Gretel, perché la settimana dopo è ricomparso.

Alla fine dell’estate, ho riattraversato l’Atlantico con la mia famiglia per tornare in Italia, a Roma. Cosa potevo fare adesso per soddisfare il mio bisogno di raccogliere qualcosa? Avete capito – la Vendemmia.

La settimana scorsa sono stata invitata da alcuni amici a fare la vendemmia nella fattoria Casanova, nel Chianti. Ho portato le mie due figlie e la mia amica e web designer Nicolee Drake (è la superstar designer/fotografa che ha costruito questo sito).

Durante la vendemmia, ci si muove tra i filari armati di cesoie, si tagliano i grappoli e si lasciano cadere nelle cassette.

Poi le cassette vengono messe su un trattore che le porta fino a una macchina che separa gli acini dal grappolo. L’uva viene poi spinta attraverso un tubo in un’altra macchina che la centrifuga per privarla della buccia. Però è tutto troppo complicato e lungo per poterlo spiegare in un post.

Povera Nicolee, la sua prima vendemmia si è rivelata un’esperienza dolorosa. Mentre ci addentravamo tutti insieme nella vigna, abbiamo disturbato un’ape che l’ha punta sul braccio. Da brava americana abituata a non lagnarsi, Nicolee ha continuato a raccogliere i grappoli mentre il braccio si gonfiava, diventava rosso e caldo, e lei impallidiva.

Ero troppo occupata per badarci. Non vedevo altro che le mie cesoie. Zac, zac, zac… non è esattamente come staccare i mirtilli uno a uno, ma sono comunque incantata dal gesto placido e ripetitivo. Inoltre la vendemmia si fa in tanti, e avanzare insieme lungo i filari può stimolare la conversazione.

Ho notato che alcuni degli operai toscani dalla pelle indurita dal sole, non sprecavano tanto tempo a ciarlare tra i filari. Per loro è un lavoro e per questo li rispetto.

Mia figlia più piccola, Chiara (11 anni), sembra aver ereditato il “gene del raccoglitore”, infatti staccava contenta un grappolo dopo l’altro.

E’ risultato invece lampante che Caterina, la più grande (13 anni), non ha questo gene nel suo DNA. Dopo appena un quarto d’ora, era annoiata, accaldata e sudata.

Con mia sorpresa (e piacere), Emilio Festa, il proprietario della vigna, ha annunciato che era stufo di vendemmiare e voleva andare a caccia di quaglie con Caterina e il suo cane preferito. Così se sono andati.

Cacciatori e raccoglitori, operai e feriti, più tardi ci siamo ritrovati tutti e trentaquattro attorno a una tavolata per uno spettacolare pranzo toscano a base di lasagne, focaccia, patate arrosto, manzo, maiale, pollo, coniglio, crostata, torta di pera e mela, e tanto vino fatto in casa.

Se vi interessa saperne di più su un pranzo simile, leggete questo post di Elizabeth Minchilli.

E dopo tutto quel cibo e quel vino, c’è bisogno di un’altra cosa, un pisolino (in un altro post parlerò dell’uso dei suffissi “ino”, “accio”, “one” usati nell’italiano per cambiare il significato delle parole).

Ho chiesto alla generosa famiglia Festa della fattoria Casanova (Quercia Grossa, nel Chianti) di invitarci per la raccolta delle olive a novembre. Per questo, serviranno anche persone capace di salire sugli alberi. Ed Emilio ha detto che porterà Caterina a caccia di cinghiali!

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